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RETRO
SPECCHIO

 

AMICI DELLA SCALA,
UNA MONOGRAFIA SU GIACOMO PREGLIASCO


La copertina della monografia

 

Dopo le tre monografie degli Amici della Scala pubblicate in primavera su Gae Aulenti, Cecil Beaton e Renzo Vespignani, arriva la quarta, su Giacomo Pregliasco, completando il consueto quartetto di titoli che, dal 2002, arricchiscono il panorama di studi e ricerche di Vittoria Crespi Morbio. L’attività di Giacomo Pregliasco, nato a Torino nel 1755 e morto nel 1828, architetto teatrale, decoratore, inventore di costumi e di «macchine», comincia e si conclude a Torino, ma sarà la Scala di Napoleone ad ospitare le sue invenzioni più mirabolanti. Esordisce nel capoluogo piemontese con la qualifica di «Regio disegnatore di carrozze e vetture». Con l’arrivo dei francesi acquisisce il titolo di «Dessinateur National», incaricandosi di allestire le principali feste repubblicane e di disegnare i costumi per i teatri torinesi. Dal 1806 al 1816 è a Milano. Per la Scala disegna abiti, macchinari, apparati festivi. Con il consolidamento del Governo asburgico si reca a Napoli per far poi ritorno a Torino, con la qualifica di architetto teatrale. Uomo di teatro, Pregliasco ricerca l’effetto spettacolare documentato dai disegni pervenutici: i ricchi costumi «barocchi» per le primedonne, l’apparato neoclassico per l’arrivo in Milano di Eugenio e Amalia de Beauharnais nel Teatro della Scala nel 1806, i carri, le macchine e gli attrezzi in stile egizio per il balletto «Cesare in Egitto» di Gioja nel 1807, pensato in occasione della presenza alla Scala di Napoleone. La Scala di Eugenio de Beauharnais, dal livello musicale non memorabile, fu invece un teatro brillantissimo per la spettacolarità degli allestimenti, la modernità ardita delle macchine sceniche, lo splendore dei decori e l’eleganza dei costumi, che potevano d’un colpo dettar moda nel gran mondo, riassorbendone a propria volta il tono. Di quella Milano, affaccendata ad inanellare Cantate per la Pace, per la Guerra, per la Vittoria, Giacomo Pregliasco fu lo stilista onnipresente. I suoi abiti di scena per le pantomime e le opere liriche serbano una freschezza e una leggiadria senza tempo, un’armoniosità classica di tinte marezzata dalle lusinghe della vanity fair contemporanea. Alla Scala lasciò un’impronta spiccatissima, prima di partire per Napoli, alla ricostruzione del Teatro di San Carlo.
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